Quando mi hanno chiamato per fare una mostra di arte pubblica ho pensato a quali fossero le aspettative e le scelte obbligate e lo sentivo come una limitazione di ordine intellettuale, creativa, artistica il dover rispondere letteralmente al concetto di arte pubblica, di operare nella sfera pubblica e allora ho pensato a di più tradizionale e conservatrice - una mostra di pittura di sapore ottocentesco - e di sconfessare il fatto che per essere pubblici gli artisti hanno bisogno di operare attraverso dinamiche e strategie che hanno a che fare con l'arte relazionale, la dimensione monumentale, l'essere all'aperto. Accanto a questo, credo che buona parte della pittura figurativa degli ultimi anni stia facendo un'analisi molto interessante delle relazioni tra l'individuo e l'ambiente che lo circonda e nello specifico con l'ambiente costruito...

Mi interessano gli artisti che lasciano un'ambiguità, che fanno vedere le idiosincrasie, che non danno per forza risposte, che espongono il re. Non mi interesserebbero se fossero i nuovi re.
[Lorenzo Fusi]

Come siamo toccati dall'ambiente circostante, quali sono gli effetti collaterali dal punto di vista emotivo, delle convenzioni sociali, della politica della persona che l'ambiente impone o suggerisce? È questa la domanda cardine della riflessione di The Human Stain, una delle sezioni della mostra internazionale della Biennale di Liverpool, la più classica in quanto a scelta formale, non meno forte tuttavia delle declinazioni più spettacolari e più performative viste in questa biennale.

In questa intervista il curatore Lorenzo Fusi ci parla di shame and guilt, di senso di colpa e vergogna, di costruzioni sociali e di sentimenti fino a oggi negati dall'arte e soprattutto dalle pratiche artistiche 'maschili'. Molti anni dopo la riappropriazione culturale del sentimento da parte di molte artiste, oggi il panorama artistico maschile offre interessanti riflessioni e analisi sulle relazioni tra la collettività e l'individuo e di converso sulle dinamiche sociali che regolano ogni forma di esclusione, ghettizzazione, allontanamento, di vergogna e senso di colpa appunto. 


Come dice Fusi, la pittura presente in 'The Human Stain', attraverso un linguaggio accogliente che non sembra offensivo, cerca invece di dare dal dentro dei piccoli calci e dei piccoli pugni perché sono tutti artisti che sebbene non facciano dell'impegno politico la prima causa del proprio operare trattano temi di grande rilevanza politica e sociale.
Il perbenismo dei mezzi espressivi dissimula, con una seducente formalità, la natura politica di uno sguardo critico sulle dinamiche dell'IO e sul suo contatto con l'ambiente circostante.

La bellezza formale e la bellezza dell'impegno si incontrano, è Lorenzo Fusi a raccontarcelo. 

Gli artisti in mostra sono Oren Eliav, Tim Eitel, Aimé Mpane, Csaba Kis Róka, Markus Schinwald, Edi Hila, Y. Z. Kami e Zbynek Sedlecký. 

Oren Eliav, Untitled, oil on canvas, 2007.
 

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