Patrick Joel Tatcheda Yonkeu
Nuove forme di spiritualità
Sono Patrick Joel Tatcheda Yonkeu, in arte Omraam Tatcheda, sono nato nel 1985 a Douala in Camerun, ho fatto i miei studi scientifici in Camerun, al Collegio di St Jean Baptiste de Bangangtè e dopo la maturità sono andato all’università, vincendo una borsa di studio per studiare belle arti in Italia. Nel 2016 ho concluso il mio percorso all’Accademia di Belle Arti di Bologna con una ricerca sullo Zen nell’arte. Vivo a Bologna e lavoro lì, nel mio studio.
Nella mia ricerca artistica, affronto spesso le tematiche legate alla spiritualità, in una ricerca perpetua sui meccanismi che regolano la società contemporanea; mi interessa trovare una nuova forma di spiritualità che si addica meglio ai nostri tempi e cerco, attraverso il mio lavoro, di veicolare la possibilità che si trovi, da qualche parte nel mondo, una giustizia che possa accontentare tutti quanti nel migliore dei modi possibili. Tratto di tematiche che hanno a che fare con le relazioni tra gli esseri umani e tra questi e l’ambiente che li circonda, cerco il posto dell’umano nell’universo, accanto alle altre creature dotate di vita…
Puoi descrivere Versi di Vetro, il lavoro che hai presentato a Villa Romana? Come hai lavorato e che storie hai deciso di narrare in questo ciclo pittorico?
Lavoro principalmente sulla carta perché per me simboleggia il mezzo adeguato per spedire messaggi, come in passato, per condividere le notizie e conservarle meglio nel tempo, per sensibilizzare le generazioni future sul proprio passato; mi sento a mio agio con il papiro e uso dei pigmenti naturali e l’olio in ricordo delle tradizioni africane, perché sono molto legato alle tradizioni della mia terra, al culto degli antenati. Nell’eseguire i mie dipinti penso più al rituale che sto compiendo, che all’opera che sto realizzando perché per me il risultato che vedete alla fine del lavoro è una registrazione spazio-temporale di un rituale, è un residuo di un rituale che si concretizza mediante un supporto materiale e fisico, cioè la carta.
Questo progetto, Versi di Vetro si organizza intorno alla storia del continente africano, del popolo africano, intorno alle tragedie umane che ci hanno visto coinvolti nella storia di altri popoli, discendenti dalle prime popolazioni che fondarono la civiltà umana venendo dall’Africa subsahariana, e parlo principalmente dall’Egitto. Questo lavoro è il frutto di una ricerca e di un confronto con diversi ricercatori, storici, antropologi e umanisti. Anni fa ho scoperto che l’origine dei saperi scientifici e letterari sia da rintracciare nell’Egitto antico e che ci sia una correlazione tra questo e il popolo greco - e tutte le civiltà occidentali - attraverso il culto di Iside e Osiride. Talete di Mileto, Pitagora di Samo e tanti altri avrebbero fatto i loro studi a Tebe e Menfi e sarebbero stati discepoli di diversi sacerdoti egiziani, apprendendone i saperi.
La storia iniziale del quadro con la Sfinge e le Rapaci, illustra il riscontro che hanno avuto gli antichi egizi dopo aver iniziato gli altri popoli agli arcani e ai saperi dell’universo, quindi una sorta, se si può dire, di ingratitudine di ritorno per tutto il lavoro che è stato fatto per permeare di conoscenza il mondo esistente all’epoca. Partendo da lì, dall’origine della storia umana, le guerre non si sono mai più fermate, fino ad oggi. Ciò che mi ha permesso di comporre questo lavoro è stato rendermi conto che l’essere umano parla sempre di sviluppo ma nel suo agire c’è un fenomeno che si ripropone ciclicamente, la guerra, il conflitto di interesse e in questo non mi sembra di potervi identificare una traccia di sviluppo.
In Africa si dice che se, passeggiando nella foresta, ripassi sempre intorno allo stesso albero diverse volte, qualcosa è andato storto, ti sarai perso…quindi in questo lavoro cerco di mettere in luce lo smarrimento dell’essere umano, cerco di sensibilizzare le persone a riconsiderare i propri punti di vista e a cercarne più che un confronto, una giustapposizione perché, da quando il mondo esiste, ci sono sempre stati molti punti di vista, si parla di una visione multilaterale del mondo, non unipolare, non mono-centrata; ci rendiamo conto che da ormai parecchi secoli, portare avanti il mondo con una sola ideologia - anche se io sono contrario alle ideologie, io sono per l’ideale, che si avvicina di più alla verità - non è possibile e questo ci dovrebbe far riflettere su cosa sia andato storto nel corso dell’evoluzione della civiltà umana…
L’intervista a Patrick Joel Tatcheda Yonke è prodotta in collaborazione con Villa Romana, nell’ambito del progetto SEEDS FOR FUTURE MEMORIES, una piattaforma di scambio artistico tra Villa Romana, Firenze e Thread, una residenza per artisti a Sinthian, Senegal. Nel corso del 2018, tredici artisti si sposteranno tra l'una e l'altra residenza per dare voce ai due poli degli attuali flussi migratori. Patrick Tatcheda è uno di loro.
Per leggere la versione integrale dell'intervista, visitate il sito www.seedsforfuturememories.com.
Qui su Radio Papesse potete ascoltarne un edit audio.